quinta-feira, 25 de junho de 2015

Mons. Mario Oliver : iLa Divina Liturgia II Nota Pastorale circa la Santa Comunione



La Divina Liturgia II
Nota Pastorale
circa la Santa Comunione
Albenga, 25 novembre 2012
Solennità di Cristo Re

La Divina Liturgia II
Nota Pastorale
circa la Santa Comunione
Albenga, 25 novembre 2012
Solennità di Cristo Re

Circa la Santa Comunione
Nota Pastorale
Premessa
Il Sacramento dell’Eucaristia è la «fonte e apice di tutta la vita cristiana
».1 Infatti, «nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene
spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo».2 Se l’Eucaristia è la fonte
e l’apice di tutta la vita cristiana, risulta evidente che la fede nella presenza
reale di Cristo nel Santissimo Sacramento deve essere tra gli elementi
più importanti da rafforzare in questo Anno della Fede.
L’Eucaristia non è una cosa, è Qualcuno: «Nel Santissimo Sacramento
dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il
Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità
e, quindi, il Cristo tutto intero».3 Per questo motivo, il Codice di
diritto canonico prescrive che «i fedeli abbiano in sommo onore la santissima
Eucarestia, partecipando attivamente nella celebrazione dell’augustissimo
Sacrificio, ricevendo con frequenza e massima devozione questo
sacramento e venerandolo con somma adorazione».4 Il codice stabilisce
inoltre, che «i pastori d’anime che illustrano la dottrina di questo
sacramento, istruiscano diligentemente i fedeli circa questo obbligo».5
Alla luce di questa verità luminosa, ci pare urgente e necessario correggere
alcuni abusi e mancanze di riverenza nei confronti di Cristo, presente
nel SS. Sacramento, al fine di ricuperare una fede più viva e pratica
nella presenza reale di Cristo nell’augusto Sacramento dell’altare:
• la genuflessione frettolosa o sbadata davanti al SS. Sacramento quando
si entra in chiesa;
3
1 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II , Lumen Gentium, 11.
2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Presbyterorum Ordinis, 51.
3 CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 1374.
4 CIC, can. 898
5 Idem.
• il chiacchiericcio di alcuni fedeli prima e dopo la celebrazione e talvolta
nelle pause di silenzio previste dalla liturgia;
• lo squillare dei telefoni cellulari;
• la caduta a terra dell’Ostia consacrata durante la distribuzione della S.
Comunione a causa della fretta di qualche Sacerdote o della poca accortezza
dei fedeli;
• la non attenzione a eventuali frammenti dell’Ostia sacra che rimangono
in mano;
• il prendere la Particola dalle mani del Sacerdote;
• in qualche caso, la non pulizia delle mani;
• l’abbigliamento non appropriato di alcune persone, carente di rispetto
e di reverenza per il Signore, per la Liturgia e per l’assemblea dei fratelli;
• l’omissione del ringraziamento, raccomandato dal papa Benedetto XVI
nell’Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis (22
febbraio 2007, n. 50);
• qualcuno che, ricevuta la S. Comunione, mette la Particola in tasca o
nella borsetta e se ne esce di chiesa (in questi anni si sono verificate
molte profanazioni proprio per questo motivo, portando la Particola
sacra nelle cosiddette messe nere di gruppi satanici per offendere e colpire
l’Eucaristia).
Qualcuno dirà che l’atteggiamento esterno del corpo sia di importanza
inferiore rispetto alla disposizione del cuore, ma anche se ciò è vero,
non giustifica in nessun modo le mancanze di riverenza e di rispetto nel
comportamento esterno. L’uomo è composto di corpo e anima. Se il fedele
crede veramente che nel SS. Sacramento si trova davanti a Dio, vivo e
vero, di conseguenza si comporterà in maniera coerente anche il corpo,
dimostrando il rispetto e la riverenza degni di Dio. Al contrario, quando
cominciano a venir meno i segni esterni di rispetto e di riverenza nei
confronti della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, con la più grande
facilità, comincerà a venir meno anche la fede nella stessa presenza.
4
L’importanza della genuflessione fatta con riverenza
Chi entra nella casa di un personaggio illustre e trascura di salutarlo
rispettosamente, certamente viene considerato maleducato. Se è doveroso
dimostrare rispetto verso le autorità della terra, quanto più non lo sarà
davanti al Re dell’Universo? La presenza di Cristo nelle Specie consacrate
dell’Eucaristia non è limitata solo al momento della Comunione,
ma permane dovunque ci sia un Tabernacolo che custodisce il SS.
Sacramento.
Quando entriamo in una chiesa, il nostro primo pensiero deve essere
quello di individuare la posizione del Tabernacolo in cui viene custodito
il SS. Sacramento, per poter onorare Gesù con un atto di riverente adorazione.
Oltre a essere un segno di rispetto, la genuflessione è anche e
soprattutto un atto di adorazione, con cui l’uomo si umilia davanti a Dio
e lo riconosce come suo Sovrano e Creatore. La genuflessione fatta con
devozione è anche una pubblica testimonianza della propria fede nella
presenza di Cristo. Purtroppo, pare che in molti fedeli sia venuta meno la
fede nella presenza reale di Gesù nel SS. Sacramento, poiché molti sono
quelli che entrano in chiesa e passano tranquillamente davanti al
Tabernacolo, senza fare nessun gesto di adorazione a Gesù.
La genuflessione si deve fare, con devozione, quando si entra e quando
si esce dalla chiesa, e tutte le volte che si passa davanti al Tabernacolo.
Viene fatta piegando il ginocchio destro fino a terra, nella direzione del
Tabernacolo, come richiesto dalle norme,6 accompagnata da un atto interiore
di profonda adorazione a Gesù. Chiaramente, ci può essere chi,
per motivi fisici, è impossibilitato a fare la genuflessione, ma costui deve
fare almeno un inchino riverente.
5
6 Cf. Rito della Comunione fuori della Messa e Culto Eucaristico, n. 92.
Sul modo di ricevere la Santa Comunione
L’attuale disposizione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana)
concede ai fedeli la libertà di scegliere tra il ricevere la Comunione in
mano o in bocca. È necessario precisare però che la possibilità di ricevere
la Comunione in mano è una pura concessione.7 Il modo ordinario e
preferito dalla Chiesa per la distribuzione della S. Comunione rimane
quella di deporla direttamente sulla lingua dei fedeli, come ha precisato
l’Istruzione Memoriale Domini, emanata nel 1969 dalla
Congregazione per il Culto Divino: «Questo modo di distribuire la
Comunione, […] si deve senz’altro conservare, non solo perché poggia
su di una tradizione plurisecolare, ma specialmente perché esprime e
significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia».8
Quando gli fu presentata la richiesta di permettere la comunione in
mano, inizialmente Paolo VI si dichiarò contrario a concederla, per i
seguenti motivi:
a) facilita la caduta e la dispersione dei frammenti; espone il
Santissimo a furti sacrileghi e profanazioni. (cf. MEMORIALE DOMINI,
29.5.1969, in Acta Apostolicae Sedis, 61, 1969, pag. 541-545);
b) perché può favorire la diffusione di errori contro il dogma eucaristico
(ivi);
c) perché l’antica consuetudine assicurava assai più efficacemente la
devozione e il fervore dei fedeli, una consuetudine che fu il termine di un
processo evolutivo della fede della Chiesa, nel più vitale dei suoi dogmi.
«Con l’andare del tempo, e con il progressivo approfondimento della
6
7 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980, n. 11: «Il toccare le sacre
specie, la loro distribuzione con le proprie mani, è un privilegio degli ordinati, che indica una
partecipazione attiva al ministero dell’eucaristia […] La Chiesa può concedere tale facoltà a
persone che non sono né sacerdoti né diaconi, come sono sia gli accoliti, nell’esercizio del loro
ministero, specialmente se destinati a futura ordinazione, sia altri laici a ciò abilitati per una
giusta necessità, e sempre dopo un’adeguata preparazione».
8 La stessa Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, con un apposito documento,
del 30 aprile 1999, ha chiarito alcuni dubbi emersi in questi ultimi anni, e tra le altre cose,
ha affermato: «tutti si rammentino che è tradizione ricevere l’Ostia sulla lingua. Il sacerdote
celebrante, se vi fosse pericolo di sacrilegio, non dia ai fedeli la Comunione sulla mano e li
informi del motivo di questo suo modo di fare» (EV XVIII, 856).
verità del mistero eucaristico, della sua efficacia e della presenza in esso
del Cristo, unitamente al senso accentuato di riverenza verso questo
Santissimo Sacramento e ai sentimenti di umiltà con cui ci si deve accostare
a riceverlo, si venne introducendo la consuetudine che fosse il ministro
stesso a deporre la particola del Pane Consacrato sulla lingua dei
comunicandi» (ivi);
d) perché la prassi precedente era già stata collaudata da una tradizione
plurisecolare, in base alla quale se ne sperimentarono i benefici (ivi);
e) perché la proposta della Comunione in mano era stata respinta dalla
maggioranza dell’Episcopato mondiale: 567 in favore, 1233 contrari (cf.
MEMORIALE DOMINI, 29.5.1969, in Acta Apostolicae Sedis, 61, 1969, pag.
544). Ciononostante, l’Istruzione conteneva la previsione per le
Conferenze Episcopali di consentire la Comunione in mano nei luoghi
dove «l’uso contrario... prevale».9
Oggi gli avvertimenti dell’Istruzione, circa la perdita di reverenza e di
fede e perfino la profanazione del Sacramento, si sono, purtroppo, avverati.
È vero che la Comunione in mano non è stata la causa unica di questa
situazione, ma vi ha certamente contribuito. In effetti, è quantomeno
difficile riconoscere il sacro in ciò che chiunque può toccare con le
mani… Per questo motivo, occorre sottolineare che, anche se la S.
Comunione in mano è concessa, l’uso di deporla direttamente in bocca
rimane quello più conveniente e conforme alla sacralità
dell’Eucaristia.
La stessa Istruzione della CEI che concede la Comunione in mano,
dice esplicitamente: «Il modo consueto di ricevere la Comunione deponendo
la particola sulla lingua rimane del tutto conveniente».10 Rimane
conveniente deporla in bocca, perché nel fedele possono verificarsi
inconvenienti. Per esempio le mani sporche: mani che hanno toccato di
tutto prima di arrivare in Chiesa, toccano poi Gesù Eucaristia.
L’inconveniente primario, però, rimane quello della perdita dei frammenti.
Il Catechismo ci ricorda che «Cristo è tutto e integro presente in
7
9 MEMORIALE DOMINI, 29.5.1969, in Acta Apostolicae Sedis, 61, 1969, pag. 545.
10 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Istruzione sulla Comunione Eucaristica, 19 luglio 1989,
art. 1864, n. 2.
ciascuna specie e in ciascuna sua parte».11 Riflettendo su questa verità,
san Cirillo commenta: «Non salvaguarderai maggiormente ciò che è più
prezioso dell’oro e più stimato delle pietre preziose, perché non cada
neanche un frammento?».12 Mi pare che, per persuaderci, sia sufficiente
l’esempio del Papa Benedetto XVI, il quale quando distribuisce la S.
Comunione la dà solo in bocca.
Va ricordato inoltre, che al fedele che si accosta alla S. Comunione è
richiesto di fare un gesto di riverenza, in segno di adorazione a Cristo
che è presente. Una celebre espressione di sant’Agostino, ripresa al n.
66 della Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, insegna: «Nessuno
mangi quella carne [il Corpo eucaristico], se prima non l’ha adorata.
Peccheremmo se non l’adorassimo».13 Tra i segni di devozione più eloquenti
vi è lo stare in ginocchio, il quale indica e favorisce nel modo
migliore la necessaria adorazione previa alla ricezione di Cristo eucaristico.
Chi non è in grado di inginocchiarsi, e riceve la S. Comunione
in piedi, deve comunque fare un segno di riverenza, come indicato
dall’Istruzione Redemptionis Sacramentum: «Quando però si comunicano
stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento,
facciano la debita riverenza» (n. 90). Per debita riverenza si intende perlomeno
un inchino profondo.
Capita, a volte, che il ministro sacro rifiuti di dare la S. Comunione
quando il fedele intende riceverla in ginocchio (o, viceversa, in piedi).
Tale rifiuto va contro le norme emanate dalla Chiesa che stabiliscono
chiaramente la libera decisione del fedele: «Non è lecito […] negare a un
fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli
vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi».14
La pratica d’inginocchiarsi e ricevere la S. Comunione in bocca è un
segno particolarmente eloquente di adorazione e d’umiltà, completamente
adeguato alla luce della presenza vera, reale e sostanziale di Nostro
8
11 CCC 1377; cf. CONCILIO DI TRENTO, Sessione XIII, Canone III.
12 SAN CIRILLO D’ALESSANDRIA, Catechesi V Mistagogica, 21.
13 Enarrationes in Psalmos, 98, 9.
14 Redemptionis Sacramentum n. 91.
Signore Gesù Cristo, sotto le apparenze delle Specie Consacrate.
Dopo aver sottolineato la convenienza e la superiorità della
Comunione in bocca, per coloro che non sono disposti a riceverla in questo
modo, ricordiamo le seguenti norme stabilite dal beato Giovanni
Paolo II, per la ricezione della Comunione in mano (cf. Istruzione
Redemptionis Sacramentum del 25 marzo 2004, numeri 80-96; EV 22,
numeri 2266 - 2282 e la Notificazione della Congregazione per il Culto
Divino del 3 aprile 1985; EV IX numeri 1532 - 1541):
a) il fedele che intende ricevere la Comunione in mano deve stendere
bene la mano sinistra e porla sopra la mano destra, per poi, con
quest’ultima, portarsi la Particola alla bocca (n° 1533), dicendo
l’Amen come affermazione della propria fede nella presenza del
Corpo di Cristo e come accoglienza consapevole;
b) il fedele che ha ricevuto la Comunione in mano la porterà alla bocca
prima di ritornare al suo posto, mettendosi da una parte e rimanendo
rivolto verso l’altare (n° 1535);
c) il fedele non deve prendere la Comunione [dalla pisside], ma la
deve ricevere dal ministro della Comunione (n° 1536);
d) si raccomanda a tutti la pulizia delle mani (n° 1537);
e) si faccia attenzione che gli eventuali frammenti rimasti in mano
non vadano perduti (n° 1538).
Ritengo utile fare alcune sottolineature:
• Prima di tutto la Chiesa insiste che chi riceve la Comunione in mano, la
debba portare alla bocca davanti al Sacerdote, in direzione dell’altare.
Purtroppo capita a volte che qualcuno la consumi mentre sta tornando
al banco o, peggio ancora, che se la metta in tasca e se ne esca di
chiesa. Bisogna essere molto precisi su questo punto: la Comunione va
consumata davanti al Sacerdote, guardando in direzione dell’altare.
• Un’altra osservazione riguarda i frammenti di Ostia. Il documento
sopra citato raccomanda di controllare sulla mano se non ve ne siano
rimasti, in tal caso bisogna consumarli. Per quale motivo la Chiesa
precisa questo? La risposta è semplice: in ogni frammento che si stac-
9
ca dall’Ostia è presente Gesù in corpo e sangue, anima e divinità.15
Come il sacerdote controlla che sulla patena non vi siano rimasti frammenti
– e in tal caso li deve consumare – altrettanto deve fare il fedele,
controllando sul palmo e sulle dita della sua mano.
• Sarà utile riprendere l’uso del piattino, come già richiesto
dall’Ordinamento Generale del Messale Romano (n. 118), e nel 2003
dall’Istruzione Redemptionis Sacramentum: «È necessario che si mantenga
l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la
sacra Ostia o qualche suo frammento cada» (n. 93). Il piattino dovrà
poi essere debitamente purificato dal Sacerdote, come prescritto
dall’Ordinamento del Messale (n. 163).
L’importanza di un’adeguata preparazione alla Santa Comunione
Chiunque va ad incontrare un personaggio distinto e rinomato, si prepara
adeguatamente all’incontro: l’abbigliamento più bello, il corpo pulito,
un comportamento cortese, ecc. Quanto più non dovremmo prepararci
bene all’incontro personale con il nostro Creatore? Chi è cosciente che
sta per accogliere Dio onnipotente nel suo intimo, farà un’adeguata preparazione
per accogliere un’Ospite così sublime. Tante comunioni portano
poco frutto perché vengono fatte distrattamente, senza alcuna preparazione,
senza sapere e pensare Chi si va a ricevere.
Come ci si prepara in modo adeguato alla Santa Comunione?
• Con una vita di preghiera personale, per entrare in comunione di vita
con Cristo.
• Con il raccoglimento e la riflessione, pensando a Chi è che si sta per
ricevere.
• Con il digiuno eucaristico, cioè l’astenersi da cibo e bevande (fatta
eccezione per l’acqua e i medicinali) per almeno un’ora prima di ricevere
la Santa Comunione.
• Con un abbigliamento appropriato, indossando abiti che riflettano la
riverenza per Dio e il rispetto per la dignità della Liturgia e degli uni
10
15 Cf. CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, 1377.
verso gli altri. Come non si può entrare in chiesa senza adeguato abbigliamento,
così a maggior ragione non ci si avvicina alla Comunione.
• Con la Confessione frequente dei propri peccati.
Su quest’ultimo punto, va ricordato che per fare la Comunione è
necessario essere in grazia di Dio, per cui chi ha coscienza di peccati
gravi non confessati è tenuto a confessarsi sacramentalmente prima di
accedere alla Comunione.16 È opportuno ricordare inoltre, che la
Confessione è utilissima anche per chi non ha coscienza di peccati gravi.
Il Sacramento della Confessione è per l’anima ciò che il bagno è per il
corpo. E, allo stesso modo, se continuamente rimandiamo la Confessione,
l’anima comincerà a non essere più limpida davanti Dio. Anche se
non abbiamo commesso peccati gravi, quelli veniali certamente ci saranno,
e si accumulano nell’anima, lasciandola macchiata al cospetto di Dio.
La Confessione frequente è un elemento necessario per un’adeguata preparazione
alla Santa Comunione. Da questa riflessione deve nascere in
noi una grande stima per questo Sacramento, che viene dalla bontà e
misericordia del Cuore di Gesù e che offre un modo sicuro per ricevere
il suo perdono.
A questo proposito, invito tutti i Sacerdoti della Diocesi a far leggere
ad un ministro (o fedele) prima della comunione, per alcune domeniche,
e ogni tanto, specie nelle Messe in occasione di matrimoni, funerali, battesimi
ed eventi particolari, la seguente monizione o parole analoghe:
“chi desidera accostarsi alla S. Comunione è pregato di riflettere se è
nella piena amicizia con il Signore senza colpe gravi nel cuore, se è davvero
in pace con tutti e se la fede anima la sua vita quotidiana. Chi avverte
che è meglio non accedervi, faccia la Comunione spirituale desiderando
ardentemente il Signore nella sua persona e nella sua vita”.
Questa monizione è importante per richiamare il giusto approccio alla
Eucaristia e per avere in tutte le chiese della Diocesi un comportamento
uniforme, specie nei funerali e matrimoni.
11
16 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 36: «Desidero quindi ribadire
che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato
la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione
dell’Eucaristia, “si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato
mortale”».
È da tenere in considerazione anche l’avvertimento del Santo Padre
riguardo la presenza di persone di altre religioni: «Vorrei richiamare
l’attenzione ad un problema pastorale in cui frequentemente accade di
imbattersi nel nostro tempo. Mi riferisco al fatto che in alcune circostanze,
come ad esempio nelle sante Messe celebrate in occasione di
matrimoni, funerali o eventi analoghi, sono presenti alla celebrazione,
oltre ai fedeli praticanti, anche altri che magari da anni non si accostano
all’altare, o forse si trovano in una situazione di vita che non permette
l’accesso ai Sacramenti. Altre volte capita che siano presenti persone
di altre confessioni cristiane o addirittura di altre religioni. Circostanze
simili si verificano anche in chiese che sono meta di visitatori, soprattutto
nelle grandi città d’arte. Si comprende la necessità che si trovino allora
modi brevi ed incisivi per richiamare tutti al senso della comunione
sacramentale e alle condizioni per la sua ricezione. Laddove vi siano
situazioni in cui non sia possibile garantire la doverosa chiarezza sul
significato dell’Eucaristia, si deve valutare l’opportunità di sostituire la
Celebrazione eucaristica con una celebrazione della Parola di Dio».17
L’importanza del ringraziamento personale dopo la Santa Comunione
Il Santo Padre Benedetto XVI raccomanda vivamente un adeguato
tempo di ringraziamento personale dopo la Comunione: «Non venga trascurato
il tempo prezioso del ringraziamento dopo la Comunione: oltre
all’esecuzione di un canto opportuno, assai utile può essere anche il
rimanere raccolti in silenzio».18 Al momento della S. Comunione, Gesù
viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della
nostra giornata. In quel momento, come diceva San Giovanni Maria
Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e
alimentano un’unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce
a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e
cosi possiamo ottenere le grazie più grandi. Invece, si è andata formando
l’infelice abitudine di fuggire dalla chiesa appena finisce la Messa, a volte
ancor prima che finisca. Non si fa più il ringraziamento personale, e così
12
17 BENEDETTO XVI, Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis, 22 febbraio
2007, n. 50.
18 Idem.
si perdono molte delle grazie che altrimenti si riceverebbero.
È necessario e indispensabile che nelle lezioni di catechismo, specie
in preparazione alla Prima Comunione e alla Sacra Cresima, si insista
molto sul ringraziamento dopo la Comunione, aiutando i bambini e i
ragazzi a conversare con il Signore, con raccoglimento, e insegnando i
contenuti del dialogo. È triste e fa pensare che il catechismo non conduca
ad una vita di fede, quando nelle Messe di Prima Comunione e della
Cresima, ritornando al posto dopo aver fatto la Comunione, diversi bambini
e ragazzi si mettono a chiacchierare e a guardare in giro distratti e
apparentemente inconsci di Chi hanno ricevuto ed è in loro presente.
La Santa Comunione ricevuta con Maria, Madre dell’Eucaristia.
Una proposta di spiritualità.
Il beato Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Ecclesia de
Eucharistia ha presentato Maria come «donna “eucaristica” con l’intera
sua vita», riconoscendo anche come «la Chiesa, guardando a Maria
come al suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con
questo Mistero santissimo».19
In seguito lo stesso Pontefice nel suo ultimo documento eucaristico,
con cui indiceva l’Anno dell’Eucaristia, tra l’altro volle richiamare:
«Proprio nel cuore dell’Anno del Rosario promulgai la Lettera enciclica
Ecclesia de Eucharistia, con la quale volli illustrare il mistero
dell’Eucaristia nel suo rapporto inscindibile e vitale con la Chiesa. [...]
Riproposi l’esigenza di una spiritualità eucaristica, additando a modello
Maria come “donna eucaristica”».20 Ciò considerato, pertanto, è possibile
affermare che il contributo della spiritualità mariana risulta espressamente
riconosciuto e voluto dal Santo Padre, per lo sviluppo e la prosperità
della spiritualità eucaristica nella Chiesa.
Come si è sottolineato, il fatto stesso di accogliere dentro di sé Gesù
Cristo stesso, in corpo sangue anima e divinità, comporta la necessità di
una preparazione adeguata ad un atto tanto grande. Avvicinandosi il
13
19 GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia de Eucharistia, n. 53.
20 GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine, 2004.
momento della Comunione, il fedele può perciò filialmente chiedere alla
Madonna la grazia di un perfezionamento delle proprie disposizioni di
fede e di amore, la grazia di essere preparato ad una Comunione santa da
Lei, la Madre che il Signore dalla Croce ci ha donato, in quello che viene
anche chiamato il Testamento di Gesù (cf. Gv 19,25-27).
La Comunione ricevuta con Maria, in tal modo, può condurre il fedele
a glorificare massimamente il Signore, in consonanza anche con quel
celebre motto santambrosiano che invita ad avere in sé «l’anima di Maria
per magnificare il Signore, lo spirito di Maria per esultare in Dio Salvatore
».21
Concludendo
Quanto più pura ed integra è la fede nel Mistero Eucaristico,
tanto più sacra, adorante ed amorosa è la sua celebrazione e la sua
ricezione. Il Concilio di Trento ci ha lasciato questo insegnamento di
perenne attualità: «Non esiste nessun’altra opera che dovrebbe essere
trattata in un modo così santo e divino che questo tremendo mistero, per
mezzo del quale quella ostia vivificante, per la quale siamo stati riconciliati
con Dio Padre, ogni giorno viene immolata dai sacerdoti a Dio sull’altare.
Appare altrettanto chiaro che si deve usare ogni impegno e diligenza
perché essa venga celebrata con la più grande possibile purezza
interiore del cuore e con atteggiamento esteriore di devozione e pietà».22
In quest’Anno della Fede, sia grande il nostro impegno di ripristinare
il massimo rispetto e la più grande venerazione di questo santo “mistero
della fede” accostandoci con il timore riverenziale e l’amore dovuti verso
il Signore nostro Gesù Cristo, che è in mezzo a noi e che viene a dimorare
dentro di noi, desideroso di renderci santi come Lui stesso è santo.
* * *
14
21 SANT’AMBROGIO DI MILANO, Expositio Evangelii secundum Lucam, 2,26-27.
22 CONCILIO DI TRENTO, Decretum de observandis et vitandis in celebratione missarum.
15
Questa Nota Pastorale è inviata all’attenzione dei Parroci e di tutti i
Sacerdoti affinché ne facciano oggetto di personale meditazione e formazione
pastorale, ed affinché ne comunichino il contenuto, nei modi
ritenuti più opportuni ed efficaci, nella catechesi ai fedeli.
In profonda comunione spirituale e con la mia pastorale Benedizione
Albenga, 25 Novembre 2012
Solennità di Cristo Re


Tipolitografia F.lli Stalla - Albenga

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